ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
La prigione de La Malta
>>>> di Andrea Bentivegna <<<<
17/10/2015 - 00:00

di Andrea Bentivegna

VITERBO - C’era un tempo antico, durato fino all’epoca dei nostri nonni, in cui, una parte di Viterbo, si affacciava su un ripido strapiombo alle pendici del quale scorreva l’Urcionio.

Una parete di tufo che difendeva la città sulla quale erano direttamente costruite le case e da cui, solo attraversando un antico ponte, detto Tremoli, si poteva raggiungere la sponda opposta.

Poi tutto è cambiato. La costruzione di via Marconi e del Sacrario hanno reso questa parte di città irriconoscibile tanto che ormai ne abbiamo perso anche la memoria.

Eppure allora, prima che il piccone risanatore del regime fascista la trasformasse, sorgeva qui un’oscura e spaventosa prigione.

Si fa fatica oggi, osservando il palazzetto accanto alla chiesa degli Almadiani, dove molti di noi si fermano a gustare un gelato, ad immaginare che, alcuni secoli fa, questo stesso edificio fosse così spaventoso da essere -forse- addirittura menzionato da Dante nella Divina Commedia: ''Sì, che per simil non s’entrò in Malta'' 

Siamo nel Nono Canto del Paradiso e il Sommo Poeta si riferisce ad un terribile ergastolo da scontare in una prigione detta appunto ''Malta'', che come ipotizzato da don Salvatore Del Ciuco, sarebbe stata nientemeno che all’interno di quell’alto edificio che si ergeva sulla scoscesa riva del Urcionio. In passato del resto erano numerose, e sparse un po in tutt’Italia, carceri con questo nome proprio perché collocate nella parte bassa di una torre il cui fondo era spesso umido e melmoso. Nel latino medioevale il termine malta indicava infatti il fango, la melma.

Ma oggi, vicino agli Almadiani, non v’è che un palazzetto di tre piani nulla di simile ad una torre. Non esattamente. Perché quel piccolo palazzetto non è in effetti altro che la sommità di una costruzione di oltre trenta metri che ha le sue fondazioni molto più in basso, proprio vicino al corso del fiume il cui interramento negli anni trenta ha fatto si che più di metà della sua mole sparisse al di sotto dell’odierna strada.

Quella torre era, come riportano le cronache, una prigione terrificante e temutissima per l’oscurità e la malsana umidità al punto che i detenuti desideravano morire piuttosto che sopportare le sofferenze inflitte da questo luogo orribile.

Nel 1369 ad esempio sappiamo che in questa prigione furono rinchiusi oltre trecento mercenari colpevoli di essersi ammutinati contro Ambrogio Visconti. Ebbene questi chiesero ben presto di essere giustiziati piuttosto che soffrire le famigerate pene inflitte da ''La Malta''.

Le foto degli anni ’30 ci mostrano ancora la torre così come appariva nel medioevo e ci ricordano come questo luogo, oggi letteralmente scomparso, fosse un tempo tanto diverso ed evocasse, a differenza di oggi, pensieri tutt’altro che piacevoli.





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